Introduzione Generale

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Introduzione Generale

Vista in un contesto europeo e nazionale in cui la disoccupazione strutturale e di massa (e la difficoltà di questo fenomeno a placarsi apprezzabile anche a fronte di una crescita economica costante e di una valutabile condizione di benessere per piccole fasce di popolazione) si presenta come uno dei drammatici problemi di fondo, l’Emilia Romagna appare – leggendo i dati sulla disoccupazione e sui tassi di attività – come una delle aree decisamente fuori norma. : Per limitarci all’Italia, con un tasso di attività e un tasso di disoccupazione nazionale di 47,9 e 11,4, questa regione ha registrato nell’anno 2000 valori di 52,4 e 4,6. Questi dati, che appaiono significativamente collegati, da un lato , al raggiungimento di una prova di attività femminile più vicina a quella degli altri paesi del Nord Europa che a quella italiana; Dall’altro, costituiscono una situazione in cui i livelli di disoccupazione sono molto vicini a quelli considerati frizionali.

Altre considerazioni – procedendo schematicamente – possono essere segnalate.

La prima riguarda la prosecuzione dell’aumento dell’occupazione in cifre assolute: negli ultimi due anni è aumentata di circa 40 mila unità, aumento dovuto principalmente all’aumento della popolazione attiva, e solo in parte all’assorbimento dei disoccupati.
Inoltre, è importante che l’aumento interessi tutti e tre i principali settori economici (industria, agricoltura, commercio/servizi), evidenziando così una situazione produttiva e dei servizi particolarmente equilibrata e ricca.
In terzo luogo, sempre in contrasto con il quadro italiano complessivo, si osserva che l’aumento dell’occupazione nel settore industriale è determinato principalmente dalle industrie manifatturiere, piuttosto che dal settore delle costruzioni. Dai dati a disposizione, infine, emerge che tali incrementi riguardano maggiormente i dipendenti e che le ragioni di ciò non sembrano giustificare sostanziali flessioni a medio termine.
Passando al quadro demografico della regione, può poi essere interessante registrare – sempre molto velocemente – che secondo le stime predisposte dall’Università di Pisa e dall’Osservatorio demografico della regione (prudenziale, secondo gli stessi autori) è stima in circa 800.000 unità (-22%) il calo della popolazione indigena regionale nei primi 25 anni del nuovo millennio, in caso di fertilità, mortalità e migrazione costanti: ciò porterebbe – secondo le stesse fonti – alla ingresso di circa 700.000 immigrati (provenienti da altre regioni e/o Paesi), che raggiungerebbero quindi, al termine di tale periodo, una soglia di presenze pari a poco meno del 20% della popolazione regionale complessiva.

Queste brevi considerazioni permettono di vedere con breve approssimazione il quadro strutturale entro il quale si sono inglobati con forte crescita nell’ultimo decennio i flussi migratori che hanno interessato la regione e il cui incremento ad oggi non sembra essere stato abbattuto . Ciò sembra confermato dai cambiamenti che, in particolare, si sono verificati negli ultimi 7 anni nella composizione e nelle destinazioni di sbarco di questi flussi (ovvero nel loro graduale mutamento – sempre più – in stock di presenze: già circa 100.000 persone residenti in comuni della regione).

Due elementi appaiono particolarmente significativi al riguardo.

Da un lato, il costante aumento degli impieghi stabili di lavoratori stranieri nelle imprese manifatturiere e dei servizi, ma anche il crescente utilizzo di tale forza lavoro da parte di settori altrettanto importanti, come l’agricoltura e l’edilizia (la cui apparente minore partecipazione al fenomeno è probabilmente in misura considerevole un effetto della maggiore diffusione del lavoro sommerso in essi). Ciò ha progressivamente evidenziato l’importanza di tale area di offerta in relazione ad una domanda di lavoro che in molti settori della produzione e dei servizi (comprese le attività domestiche e di cura della persona) rischia di rimanere insoddisfatta sia per gli andamenti demografici sopra ricordati, sia per fenomeni legati alla segmentazione del mercato del lavoro regionale e nazionale. Per inciso, va anche ricordato che il numero di aziende di vario genere, con titolari e/o soci stranieri, è in costante crescita, evidenziando la presenza di una componente non residuale di immigrati (alcuni dei quali ora dipendenti) i cui progetti e le strategie prevedono in futuro una sorta di lavoro autonomo: sulla base degli elenchi forniti dalle camere di commercio della regione, il numero attuale di tali imprese può essere stimato in oltre 18.000.

Il secondo punto da ricordare è la crescita dei ricongiungimenti familiari, che, soprattutto a partire dalla seconda metà dell’ultimo decennio, ha colpito particolarmente le aree dove si è maggiormente evidenziata la funzionalità dell’offerta di lavoro rappresentata dai migranti. Senza considerare qui molti aspetti importanti delle relative problematiche, è utile evidenziarne 3, che

ich sono rilevanti per il tema specifico di questo rapporto:
– in primo luogo, il fatto che i ricongiungimenti avvengano e aumentino di numero è di per sé un eloquente indicatore dei processi di consolidamento del lavoro;
– in secondo luogo, la conseguente accresciuta presenza dei bambini aggiunge un nuovo capitolo – in gran parte ancora poco esplorato – ai temi della formazione, capitolo per molti versi diverso da quello degli attuali adulti immigrati di prima generazione;
– in terzo luogo, molte ricerche mostrano che la difficoltà di trovare un’abitazione adeguata alle esigenze dell’unità riunita può avere ripercussioni sia sul rendimento lavorativo dei soggetti sia sui loro orientamenti relativi al lavoro e/o alla formazione.

Identificare gli inserimenti e i ricongiungimenti familiari come fenomeni che caratterizzano – nel quadro strutturale dinamico di cui sono stati tracciati i contorni – un punto di svolta nei processi migratori che interessano la regione, e come indicatori rispetto ai caratteri salienti che stanno assumendo, non si risolve, tuttavia, nella pretesa che siano sufficienti a garantire connotati univoci delle traiettorie di integrazione dei nuovi cittadini nei contesti sociali e territoriali di sbarco. Ad influenzare i percorsi, le modalità ei ritmi di queste traiettorie, nelle diverse fasi in cui si articolano, interviene una molteplicità di fattori sociali, istituzionali e culturali; si riferiscono in larga misura alla quantità e alla qualità delle risorse che i contesti in questione sono in grado di destinare (o intendono destinare alla realizzazione di iniziative volte, a diversi livelli, a velocizzare sotto ogni aspetto i processi di inserimento di nuovi arrivati ​​e di garantire corsi il più possibile “fisiologici” (1).
La ricerca di cui i risultati si riferiscono in questo rapporto è stata proposta per fare il punto sullo stato di maturazione raggiunto in Emilia Romagna dalle iniziative relative ad uno di questi aspetti, la cui importanza appare non trascurabile alla luce delle tendenze che caratterizzano il mercato del lavoro regionale; nella convinzione che la fase di maturazione ormai avviata – in relazione ai ruoli che l’immigrazione svolge (e può svolgere) nello sviluppo di questa economia e di questo tessuto sociale – richieda di dedicare sempre maggiore attenzione e cura alla produzione di elementi di conoscenza capaci di alimentando e promuovendo l’elaborazione, lo sviluppo e l’affinamento, attraverso concrete esperienze operative, di strumenti di intervento.

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